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Emiliano Rinaldini

Emiliano Rinaldini, chiamato anche Emi, nacque a Brescia il 22 gennaio 1922 e morì il 10 febbraio 1945 a Pertica Alta. Fu un partigiano e un antifascista.

Fu figlio di un piccolo commerciante e i suoi fratelli furono Federico, Luigi e Giacoma. Ebbe un'educazione religiosa. Sia Emiliano che i suoi fratelli erano contrari alle idee del regime fascista.

Frequentò l'Istituto Magistrale Gambara e nel 1940 ricevette il disploma di insegnante. Insegnò a Salò e collaborò con alcune riviste bresciane basate sulla pedagogia, ad esempio “Scuola Materna Italiana”, della quale fece parte della redazione.

Agli inizi del 1943 fu un promotore del Gruppo d'Azione Sociale. Fece parte della diffusione della stampa clandestina e aiutò i partigiani bresciani procurandogli cibo e bisogni di prima necessità. All'inizio del 1944, per evitare l'arresto, si trasferì presso l'Istituto Palazzolo a Milano.

Nel febbraio dello stesso anno, i bandi della RSI (La Repubblica Sociale Italiana, anche conosciuta come Repubblica di Salò, fu il regime, esistito tra il settembre 1943 e l'aprile 1945, voluto dalla Germania nazista e guidato da Benito Mussolini, al fine di governare parte dei territori italiani controllati militarmente dai tedeschi) chiamarono alla leva i giovani nati nel 1922 e coloro che rifiutavano questo obbligo, venivano minacciati con la pena di morte. Perciò Emiliano si arruolò insieme a un suo amico, Aldo Lucchese.

Il 20 aprile 1944 venne avvertito da un amico, Carlo Albini, della sua partenza per il reparto tedesco e Emiliano decise di fuggire. Partì dalla caserma senza avvisare qualcuno e lasciò una lettera ai suoi parenti:

«Ai miei genitori, fratelli, sorella, ho preso una decisione tanto difficile e importante senza interpellare alcuno di voi. Sono partito dalla caserma, sono fuggito. Piuttosto d’andare in Germania, ho preferito accogliere la sorte difficile del fuggiasco. Il vostro Emiliano preferisce morire qui nella sua Italia, libero e fiero d’essere fedele alla Patria, che in terra lontana, sotto l’oppressione dello straniero. La nuova vita che affronto sarà piena di prove e di sacrifici; cercherò d’affrontarli bene nel pensiero di chi soffre tanto e più di me. Che il Signore ci benedica e ci aiuti tutti!».

Il 6 febbraio 1944, venne circondato a Odeno da una pattuglia della Guardia Nazionale Republicana. Tentò la fuga con i suoi compagni verso la chiesetta del paese, ma la neve lo impedì. Venne fatto prigioniero e con Don Lorenzo Salice e alcuni suoi parocchiani, venne portato in una casa dove lo picchiarono e lo sottoposero ad un interrogatorio. In seguito Emiliano ed altri prigionieri vennero portati a Vestone e salirono su un camion; la meta fu l'albergo Milano di Idro. In quel luogo i prigionieri vennero divisi. Nel carcere di Idro, Emiliano venne torturato e interrogato, ma non disse nulla. I repubblicani gli fecero togliere le scarpe e lo incoraggiarono a fuggire ma, appena si voltò, lo colpirono con una raffica di mitra e morì.

 

La scuola primaria dell'Istituto Comprensivo di Ghedi è intitolata a Emiliano Rinaldini, in sua memoria.

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